Gl' Cierv

carnevale a Castelnuovo al Volturno (IS)

by giulio martino © - 03/02/2008

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L'ultima domenica di Carnevale, all’imbrunire, a Castelnuovo al Volturno, frazione di Rocchetta al Volturno (Isernia), ai piedi delle Mainarde, nel Parco Nazionale d’Abruzzo, si ripropone un’antichissima rappresentazione : "Gl' Cierv'! Gl' Cierv!'". Non è possibile stabilire l’esatta origine del rituale (che ha chiarissime componenti magico-religiose e si realizza sotto forma di pantomima), ma il fatto che esso rappresenti anche una scena di caccia, lascia intendere che sia davvero antichissima. Gli uomini preistorici, infatti, prima ancora di diventare pastori o contadini sono stati cacciatori. E che il mascheramento attraverso il quale il rituale si realizza sia proprio quello d’un uomo-cervo non fa che accrescere la considerazione che il carnevale di Castelnuovo sia una reminiscenza delle più remote “scene simulate” rappresentate dall’uomo. Ci troviamo, quindi, di fronte ad una pantomima che descrive aspetti tipici della vita primordiale; anche se la sua lettura mitico-culturale evidenzia alcuni caratteri che si sono aggiunti in epoca più recente. La rappresentazione comincia, quando il buio comincia ad avvolgere i tetti delle basse case e l’aria si è fatta ancora più frizzante e fredda, comincia a sentirsi uno strano rumore provenire dalla parte alta del borgo è il tintinnio di più campanacci, suonati con una cadenza ossessiva, proveniente dalla montagna. Si tratta delle “Janare”, streghe dai lunghi capelli, le quali annunciano il terribile rito che si sta per rinnovare. Quindi è il turno degli zampognari. Finché un grido risuona nell'aria: "Gl' Cierv'! Gl' Cierv!'". Giunge così la Bestia, il Cervo, un attore coperto di pelli e con grandi corna ramificate sul capo, il volto, le mani dipinti di nero e il petto ornato di campanacci. Ostenta forza e cattiveria. Irrompe nella piazza distruggendo tutto ciò che incontra nel suo cammino e aggredendo la gente finché non entra in scena una Cerva con un pellame più chiaro e movenze più aggraziate con cui comincia il corteggiamento. L’intero paese è atterrito. Giunge, allora, un personaggio con un cappello a punta, Martino, che immobilizza gli animali. È un personaggio misterioso, vestito di bianco, una sorta di mago venuto dalla montagna. Rappresenta il Bene. Cerca di arginare la furia delle Bestie, armato soltanto del suo bastone, quindi riesce a legare gli animali con una corda. Ma i Cervi rifiutano con disprezzo la polenta offerta loro come pacificazione, riuscendo persino a liberarsi delle corde e ricominciando a terrorizzare la gente. Soltanto l'intervento di un Cacciatore, una sorta di giustiziere, riesce a fermare le distruzioni violente riprese dagli animali. Le Bestie si accasciano in un improvviso silenzio. La gente è attonita di fronte alla realtà della morte. Il Cacciatore si avvicina ai due corpi, si china e soffia nelle loro orecchie; come per incanto le Bestie rivivono in una ritrovata dimensione naturale, liberate dal Male. Viene quindi acceso un grande falò purificatore. Dai vicoli, attratte dal fuoco, riappaiono le “Janare”, le streghe. Danzano perché, ricordano, la magia pervade ogni angolo della terra, ogni momento della nostra vita, se soltanto abbiamo la capacità di cercarla.

(Fonte: L’Uomo-Cervo di Mauro Gioielli)